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Les jeux sont faits

Allo spettacolino di Natale una delle battute di Edoardo così recitava: «Novità dalla disoccupazione: nuove befane assunte».

A tutta la famiglia la befana ha portato la cassa integrazione senza soluzione di continuità. Quindi penso che mi candiderò per il posto di befana… visto che come programmatore non mi vogliono più.

Dopo due anni abbondanti dall’inizio di questa storiaccia i giochi si concludono con la vendita di Agile (il settore information technology ceduto da Eutelia nel 2009 a prenditori di larga fama)  o meglio di 180 (?) persone su 1300 dipendenti.

Rien ne va plus.

 

Le Déjeuner sur l’herbe

Erano anni che non passavo il Primo Maggio fuori porta e quest’anno come non farlo con i miei colleghi. Così tutti sotto la sede Eutelia di Arezzo per simboleggiare che il lavoro ce lo hanno tolto e noi non smetteremo di ricordarglielo.

Tra i racconti della manifestazione del giorno prima e qualche boutades abbiamo trascorso una bella giornata, come sappiamo fare da quando è iniziato questo incubo. Perché, come mi piace ricordare a chi non ha retto allo sconforto e si è isolato, stare insieme e condividere è un grandioso antidepressivo.

Il 30 la città è stata solidale e generosa e i colleghi non si sono certo risparmiati. Il 1° è stato il giusto risarcimento per lo stress da manifestazione.
E io dalla mia ci ho messo le coccole dolci: una scatola di muffin alle fragole e al cioccolato che non è durata più di 5 minuti…

.. tanto graditi anche da Edo che non me ne ha dato neanche un pezzetto.

Giustizia è fatta!

Giro l’angolo di via Lepanto quello su via delle Milizie. Il marciapiede è pieno di colleghi, in visibile ansia. I toni sono bassi, di quelli che attendono. Poi il boato.

Vedo correre da dietro la camionetta dei Carabinieri, Michele e Vittorio che urlano: “Amministrazione straordinaria”. Un attimo di incredulità. Poi ci lanciamo tutti in un abbraccio collettivo. Le lacrime scendono copiose.

Ho ancora i brividi mentre lo scrivo.

La notizia sui giornali è già decotta, l’emozione no.

Elaborare il lutto

Questa mattina è stato l’ultimo giorno di terapia foniatrica, intrapresa a fronte di numerose “perdite di voce”. Mezzora, due giorni a settimana dedicata a me stessa. Respirare, rilassarsi, e staccare col mondo. Ebbene questo non è stato mai possibile. Con questa situazione mentale (e fisica) che dura ormai da quasi 9 mesi non sono mai riuscita a lasciare tutto fuori.
Così ho detto basta. Non senza dolore.

Stasera cena al presidio per salutare Ciccio che va via. Torna nella sua terra perché qui non ha più un lavoro. E’ sospeso. Forse in attesa di Cassa integrazione (forse perché le lettere non sono ancora arrivate, ndr).
C’era gioia in quel banchetto ma poi è finito il cibo. Il vino. E allora gli sguardi sono cambiati.

Da qualcuno è arrivata la proposta tanto “attesa” e tanto “scongiurata”: lasciare il presidio. Un colpo allo stomaco. Anche se io l’ho lasciato in modo assiduo ormai da un po’, mi rendo conto che è ancora un punto di riferimento.
Qualcuno ha detto “abbiamo perso”. Vi assicuro che abbiamo lottato come leoni, contro tutto e tutti. Una forza più grande di noi era il nostro avversario: la disonestà.
Abbiamo sbagliato sicuramente in qualcosa. Abbiamo dato fiducia e ci hanno ripagato togliendoci la dignità.
Abbiamo perso. Oppure non abbiamo vinto dice il saggio.
Ma abbiamo lottato. Chi non lo ha fatto, non lo ha mai fatto, e quel 28 di ottobre ha solo criticato e ora è in sospensione, come si sentirà. Io non c’ero quando quella mattina si è deciso di occupare. L’emozione, mi hanno detto, è stata fortissima.
Quando una mattina gli ultimi si chiuderanno la porta dietro  di loro vorrei esserci.

Ma sarà dura elaborare il lutto.

Lavoro. A che punto siamo?

In questo momento abbiamo a vegliare sull’azienda i custodi che il 17 febbraio hanno visto mettere in discussione il loro lavoro di analisi per permettere al tribunale di decidere sul concordato preventivo presentato dall’azienda. Decisione, questa, che ci ha lasciato senza parole perché rimandata al 31 marzo.
Quel giorno (il 17 ndr) ci siamo guardati e abbiamo detto che altri 40 giorni sarebbero stati impossibili da trascorrere. Ne avevamo già 120 di occupazione alle spalle. E ancora senza stipendio da 5 mesi. Anche se in verità  ‘sti bravi custodi sono riusciti a pagarci perfino il 65% dello stipendio di ottobre qualche giorno fa. Perfino!

Certo non è che i soldi li possano fabbricare è ovvio. Senza quasi più commesse, e qualche cliente invece che fa finta di niente e non paga. Allora per risolvere la situazione hanno deciso di “sospendere” in attesa di giudizio (Cassa integrazione, ndr)  più di 1000 colleghi. Così oltre al danno di tutti questi mesi pure la beffa della lettera di sospensione!

Dopo una settimana di depressione cosmica per tutti, qualcuno ha ricordato il fuoco sacro che ha guidato le prime attività di lotta. Così si è iniziato a creare eventi spontanei per cercare di bucare di nuovo il silenzio intorno a noi. Un gran silenzio infatti ci ha coperto, fuori e dentro il presidio. Ogni occasione è stata buona per portare la nostra testimonianza.
Abbiamo trascorso un intero giorno girando per i punti nevralgici del potere, dal Quirinale a Palazzo Grazioli passando per  Montecitorio. Con ognuno una lettera al collo, abbaiamo costruito una frase simbolo.

Qualche giorno fa un collega si è calato da un muraglione sul Tevere all’altezza di ponte Umberto I, davanti il palazzo di Giustizia. A mo’ di pendolo si è dondolato a scandire il tempo che passa. Che ormai è finito, perché se nessuno interverrà per noi non ci sarà futuro. Ma il silenzio non è ancora rotto. Neanche dopo 8 ore di occupazione di via Del Corso.

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Io sono tra coloro che qualcuno ha definito fortunata perché ancora ho una commessa su cui lavorare… ed è veramente difficile ormai alzarsi la mattina motivati per andare a lavorare. Soprattutto se penso che “forse un giorno” mi pagheranno perché altri sono stati sacrificati e mandati in CIGS.
E allora devo essere la prima a scioperare. E mi arrabbio quando i miei colleghi mi chiedono: “Ma tu cosa metti oggi come giustificativo: sciopero o ferie?”. Ancora… non sono bastati tutti questi mesi di lotta, di privazioni, di sacrifici, di umiliazioni. Ci facciamo ancora vessare dai “capi” di turno. Che spesso hanno paura della loro stessa ombra.

Ieri ho partecipato allo sciopero della CGIL. Abbiamo aperto il corteo di Roma noi della Agile ex Eutelia. Tra quelli che lavorano eravamo solo in tre. Gli altri tutti sospesi.
Dopo la manifestazione sono tornata al lavoro. La persona per cui sviluppo software mi ha sempre dimostrato  la sua stima e soprattutto in questo momento ci ha portato spesso come esempio. Ma ieri mi ha colpito molto quando mi ha detto che si sente molto in imbarazzo a chiedermi di sviluppare cose nuove non sapendo se per me ci sarà un futuro nella mia azienda. Si sente di approfittare della situazione.
Qualcuno si sente in colpa, ma come sempre non sono le persone giuste.

Capricci o necessità

Quattro mesi senza stipendio, 46° giorno di presidio, tante manifestazioni e tavoli alle spalle e tanta lotta ancora davanti.

E ogni tanto mi vorrei abbozzolare e piangere… e strillare e fare i capricci come fa Edoardo, con quelle manine sugli occhi e le lacrime che scorrono. E battere i piedi e strillare “voglio il mio stipendio, voglio il mio lavoro, voglio la mia vita”. Perché per quanto possa ammettere che nonostante questa esperienza orribile ci abbia arricchito a livello umano, che quel legame creato all’interno del presidio sia qualcosa di indimenticabile, tutti vogliamo tornare alla nostra vita. E ogni tavolo istituzionale si carica di aspettative sempre più grandi e ogni volta torniamo a casa sempre più amareggiati.

E mi capita ahimé di non sopportare più nulla neanche un rumore tantomeno “la stupidera” di Edo. Entro a casa che ormai è un vortice di disordine e guardo oltre. Qualsiasi cosa se non riesce al primo colpo mi fa saltare i nervi. Insomma sono a pezzi, ma sfodero sempre un sorriso quando mi qualcuno mi chiede: ma tutti e due senza stipendio!… ma come fate?

Non scrivo da un po’ perché…

Perché questo è un momento un po’ difficile per la nostra famiglia. La società per cui lavoriamo ha aperto la procedura di licenziamento per 1192 su 1880 e gli animi non sono dei più sereni. Il 22 ottobre mentre aspettavamo ancora di ricevere lo stipendio di agosto (mai arrivato) abbiamo ricevuto invece la lettera di licenziamento. Così per risposta il 28 la sede di Roma è stata occupata così come quella di Pregnana Milanese (Milano) dal 3 novembre.
Si è cercato di arrivare all’attenzione delle istituzioni e dei media con tanta fatica perché mantenere un presidio attivo non è semplice. I primi giorni quasi nulla: Anno Zero ci ha nominato nel mucchio delle aziende in crisi, Ballarò ha filmato due ore il presidio e ha mandato 5 minuti di servizio affogato in un contesto che non è del tutto la nostra realtà. (Noi siamo vittima soprattutto di una cattiva gestione. E non voglio aggiungere altro, ndr). Poi l’occupazione di Milano ci ha portato sul TG3 nazionale. Poi tutto tace.
Ma ecco improvvisamente la botta di fortuna (nella sfortuna): all’ex AD gli parte la brocca e viene a fare un raid all’alba per stanarci dalla SUA sede.
E così siamo su tutti i giornali e in tutti i TG almeno per un paio di giorni.
Ora c’è un continuo pellegrinaggio di giornalisti che scattano, riprendono, intervistano. Sembra quasi un pellegrinaggio (dice una mia collega). Forse anche loro aspettano un miracolo. Come noi. Che continuiamo ad aspettare che venga aperto un tavolo alla Presidenza del Consiglio. Che continuiamo ad aspettare i nostri stipendi.
E intanto continuiamo a gestire questa crisi all’interno delle nostre famiglie. Che sono quelle che rischiano di più, perché si rischia di far ricadere sui familiari le tensioni accumulate.
Edoardo è troppo piccolo per comprendere totalmente i motivi della protesta ma glielo abbiamo spiegato lo stesso. Così quando il fine settimana andiamo insieme al presidio lui in macchina canticchia: «vogliamo i soldini, vogliamo i soldini. Per comprare il gelato …. al cioccolato». Beata ingenuità.

Tra gioie e dolori

Anche quest’anno il mio compleanno è arrivato in un momentaccio: se l’anno scorso non avevo voglia di festeggiare perché eravamo stati messi in contratto di solidarietà (orario e stipendio ridotto) quest’anno sono ormai due mesi che non ci pagano con motivazioni al limite dell’inverosimile. Ma non vi voglio rattristrare. Certo non ero in vena di preparare pranzi e pranzetti con torte al seguito. Ma fortunatamente esiste una meravigliosa mamma (nonché nonna) che non ha perso occasione per festeggiarmi. Ah la mia mamma!

In realtà questo post voleva essere un elogio allo gnappo che mi ha fatto un magnifico regalo. Nei giorni scorsi (giorni di mobilitazioni e manifestazioni di piazza per il nostro posto di lavoro) Edo ha avuto un febbrone allucinante che ha raggiunto quota 40,7.  Non sapendo come abbassargli la temperatura tra una dose di antipiretico e l’altra ho pensato di spogliarlo e togliergli anche il pannolino (che tiene solo durante la notte). Ebbene contro ogni buon senso e aspettativa (normalmente quando si abbassa la temperatura si tende a produrre più pipì) Edoardo si è controllato e mi ha avvisato dell’urgenza anche durante il sonno. Lo spannolinamento è terminato con successo. Quanto mi basta poco per essere felice.

PS: Speriamo che Edo continui così senza scherzetti notturni, e soprattutto che noi e le altre 2200 famiglie coinvolte in questa vicenda lavorativa possano trovare soluzioni senza ulteriori “scherzetti” da parte dei datori di lavoro e/o delle istituzioni. Per ora non abbiamo avuto fortuna e anche i media non ci hanno degnato di molta attenzione. Confido sulla forza della rete!