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La casetta

«Mamma non lo fare mai più»
Con un occhio ancora chiuso vedo Edoardo vicino al mio letto che con aria severa mi rimprovera di qualcosa che non comprendo. Gli chiedo amorevolmente cosa abbia mai fatto di così terribile.
«Hai tolto la porta alla casetta di Gaia»
Penso: sono le  6, forse ha fatto un brutto sogno.

Invece mi prende per mano e mi porta a vedere il disastro: erano un po’ di giorni che costruiva con cuscini, coperte e mezzi di fortuna una “casetta” per la sua amica Gaia. Il piumone era la porta. Io ovviamente l’avevo usato per coprirlo durante la notte, rompendo quindi la porta.

Praticamente ho danneggiato irreversibilmente il nido d’amore di questo povero innamorato.

Questa storia è andata avanti per tre giorni. Un continuo fare e disfare finché non ho deciso di invitare Gaia a vedere la sua casa.

Non so se è rimasta più colpita mamma Giorgia (la futura suocera di Edo?) o la piccoletta. Certamente Edoardo era fierissimo del suo lavoro.
Dalla foto sembra solo un cumulo di cose ma dietro c’è veramente tanto amore.

Le Déjeuner sur l’herbe

Erano anni che non passavo il Primo Maggio fuori porta e quest’anno come non farlo con i miei colleghi. Così tutti sotto la sede Eutelia di Arezzo per simboleggiare che il lavoro ce lo hanno tolto e noi non smetteremo di ricordarglielo.

Tra i racconti della manifestazione del giorno prima e qualche boutades abbiamo trascorso una bella giornata, come sappiamo fare da quando è iniziato questo incubo. Perché, come mi piace ricordare a chi non ha retto allo sconforto e si è isolato, stare insieme e condividere è un grandioso antidepressivo.

Il 30 la città è stata solidale e generosa e i colleghi non si sono certo risparmiati. Il 1° è stato il giusto risarcimento per lo stress da manifestazione.
E io dalla mia ci ho messo le coccole dolci: una scatola di muffin alle fragole e al cioccolato che non è durata più di 5 minuti…

.. tanto graditi anche da Edo che non me ne ha dato neanche un pezzetto.

Giustizia è fatta!

Giro l’angolo di via Lepanto quello su via delle Milizie. Il marciapiede è pieno di colleghi, in visibile ansia. I toni sono bassi, di quelli che attendono. Poi il boato.

Vedo correre da dietro la camionetta dei Carabinieri, Michele e Vittorio che urlano: “Amministrazione straordinaria”. Un attimo di incredulità. Poi ci lanciamo tutti in un abbraccio collettivo. Le lacrime scendono copiose.

Ho ancora i brividi mentre lo scrivo.

La notizia sui giornali è già decotta, l’emozione no.

How to train your dragon


Oggi dopo due giorni di castighi post marachelle siamo riusciti a portare Edoardo a vedere Dragon Trainer o come dice lui “Dlagon tleinel”.

Purtroppo lo spettacolo non in 3D era alle 18.20 e dopo un’ora di attenta visione allo scoccare delle 19.20 (ora in cui normalmente cena) Edo ha cominciato a perdere colpi e mi ha sussurrato di voler andare a casa.
Un rivolo di sudore freddo poi mi sono ricordata di avere le caramelle. Zucchero per il cervello… così ha resistito fino alla fine.
Ci sarebbe scocciato molto andare via vista la qualità del film.

Comunque tanto gli è piaciuto che ha dichiarato di volerselo portare via e alle nostre spiegazioni in fatto di distribuzione cinematografica si è rassegnato con un “lo prenderò domani”.

E’ inultile dire che si è addormentato due minuti dopo che siamo entrati in macchina per tornare a casa. Non mi preoccupo per eventuali risvegli notturni da fame perché… il vichingo aveva largamente provveduto a saziarsi.

Diario della settimana

Martedì 6 aprile: qualcosa è cambiato. Stamattina una strana emozione. Dovrebbe essere una mattina come tante. Ma non lo è.
Vado a lavorare (sempre senza un obiettivo) ma stavolta mi manca qualcos’altro. La sensazione di cadere nel vuoto di questi ultimi mesi ora è … senza paracadute. Il 2 aprile si è rotto. Il presidio in qualche modo dava una sensazione di sicurezza. Potevo andare a parlare con i miei amici e colleghi. Quelli con cui condivido le stesse emozioni.
Ora devo stare in stanza con chi non sono sicuro mi capisca realmente. Perché ha smesso di lottare (o di reagire) da tre mesi.
“Vorrei che fosse già domani” mi ha detto il Procione.

Mercoledì 7 aprile: sciopero e presidio davanti al tribunale fallimentare di Roma. Siamo in attesa della sentenza: noi vogliamo l’amministrazione straordinaria, l’azienda ha presentato il concordato. Alle 12 ci dicono che uno dei giudici sta male e non ci sarà consiglio e tanto meno sentenza. Tutti a casa con la coda tra le gambe e il paracadute  sempre più rotto. A domani.

Giovedì 8 aprile: Esco dal lavoro fiduciosa. Speranzosa. Vado a mangiare qualcosa con gli altri manifestanti e insieme aspettiamo la sentenza. Mentre mangiamo arriva la notizia: i giudici hanno deciso di dare altro tempo all’azienda per presentare i documenti mancanti. Sembra un po’ il decreto salva-liste. E la caduta è vertiginosa.
E’ da giorni che penso alla famosa citazione dal film L’odio:

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.

Venerdì 9 aprile: al lavoro mi scontro con gli ignavi che mi deridono per il mio accanimento nella lotta, e mi danno pure lezioni di vita. Uno mi dice: “Tu non sai. Ci sono persone che stanno male, che piangono a casa. Non si può giudicare”. Beh certo detto a me che:  che vado a lavorare senza soldi, mi faccio il maggior numero di presidi e scioperi, cerco di mandare avanti la mia famiglia, la mia vita. E mi becco i calci sotto la sedia per farmi stare zitta dal Procione. “Non ti curar di loro” è il suo motto.

Sabato 10 aprile: Sono andata ad un dibattito su/tra lavoratori (ex) Eutelia e Ispra . Si parlava anche della situazione dei nuovi schiavi a Nardò, in Puglia. Un dibattito alla parliamoci addosso, nel senso che purtroppo ce lo diciamo tra noi… ma la gente “comune” pare non accorgersi di cosa succede veramente in Italia.
Avevo trascorso praticamente tutto il giorno al negozio dei negozi come Edo ama chiamare il centro commerciale. E dopo una giornata immersi nel consumismo (anche se noi andiamo mirati sulle necessità vista la scarsissima liquidità del periodo), avrei voluto che tutti quegli zombi (perché come insegnano i film orror agli zombi piacciono i centri commerciali, ndr) fossero presenti.

Il mio umore se già non particolarmente alle stelle subisce le parole dei relatori. E le lacrime non si fanno attendere.

C’è qualcosa di sacro nelle lacrime. Non sono il segno della debolezza ma del potere. Sono i messaggeri di un dolore schiacciante e di un amore indicibile. [Washington Irving].

Determinazione

C’è chi la vita la prende di petto: Edo sicuramente è uno di questi!

Buona Pasqua a tutti!


PS: ieri, dopo 155 giorni, come annunciato, è stato tolto il presidio permanente della sede Eutelia di via Bona a Roma.
Non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo ma restiamo fiduciosi e belligeranti.

Quindi tanti Auguri a noi dipendenti Agile ex-Eutelia!


Elaborare il lutto

Questa mattina è stato l’ultimo giorno di terapia foniatrica, intrapresa a fronte di numerose “perdite di voce”. Mezzora, due giorni a settimana dedicata a me stessa. Respirare, rilassarsi, e staccare col mondo. Ebbene questo non è stato mai possibile. Con questa situazione mentale (e fisica) che dura ormai da quasi 9 mesi non sono mai riuscita a lasciare tutto fuori.
Così ho detto basta. Non senza dolore.

Stasera cena al presidio per salutare Ciccio che va via. Torna nella sua terra perché qui non ha più un lavoro. E’ sospeso. Forse in attesa di Cassa integrazione (forse perché le lettere non sono ancora arrivate, ndr).
C’era gioia in quel banchetto ma poi è finito il cibo. Il vino. E allora gli sguardi sono cambiati.

Da qualcuno è arrivata la proposta tanto “attesa” e tanto “scongiurata”: lasciare il presidio. Un colpo allo stomaco. Anche se io l’ho lasciato in modo assiduo ormai da un po’, mi rendo conto che è ancora un punto di riferimento.
Qualcuno ha detto “abbiamo perso”. Vi assicuro che abbiamo lottato come leoni, contro tutto e tutti. Una forza più grande di noi era il nostro avversario: la disonestà.
Abbiamo sbagliato sicuramente in qualcosa. Abbiamo dato fiducia e ci hanno ripagato togliendoci la dignità.
Abbiamo perso. Oppure non abbiamo vinto dice il saggio.
Ma abbiamo lottato. Chi non lo ha fatto, non lo ha mai fatto, e quel 28 di ottobre ha solo criticato e ora è in sospensione, come si sentirà. Io non c’ero quando quella mattina si è deciso di occupare. L’emozione, mi hanno detto, è stata fortissima.
Quando una mattina gli ultimi si chiuderanno la porta dietro  di loro vorrei esserci.

Ma sarà dura elaborare il lutto.

Lavoro. A che punto siamo?

In questo momento abbiamo a vegliare sull’azienda i custodi che il 17 febbraio hanno visto mettere in discussione il loro lavoro di analisi per permettere al tribunale di decidere sul concordato preventivo presentato dall’azienda. Decisione, questa, che ci ha lasciato senza parole perché rimandata al 31 marzo.
Quel giorno (il 17 ndr) ci siamo guardati e abbiamo detto che altri 40 giorni sarebbero stati impossibili da trascorrere. Ne avevamo già 120 di occupazione alle spalle. E ancora senza stipendio da 5 mesi. Anche se in verità  ‘sti bravi custodi sono riusciti a pagarci perfino il 65% dello stipendio di ottobre qualche giorno fa. Perfino!

Certo non è che i soldi li possano fabbricare è ovvio. Senza quasi più commesse, e qualche cliente invece che fa finta di niente e non paga. Allora per risolvere la situazione hanno deciso di “sospendere” in attesa di giudizio (Cassa integrazione, ndr)  più di 1000 colleghi. Così oltre al danno di tutti questi mesi pure la beffa della lettera di sospensione!

Dopo una settimana di depressione cosmica per tutti, qualcuno ha ricordato il fuoco sacro che ha guidato le prime attività di lotta. Così si è iniziato a creare eventi spontanei per cercare di bucare di nuovo il silenzio intorno a noi. Un gran silenzio infatti ci ha coperto, fuori e dentro il presidio. Ogni occasione è stata buona per portare la nostra testimonianza.
Abbiamo trascorso un intero giorno girando per i punti nevralgici del potere, dal Quirinale a Palazzo Grazioli passando per  Montecitorio. Con ognuno una lettera al collo, abbaiamo costruito una frase simbolo.

Qualche giorno fa un collega si è calato da un muraglione sul Tevere all’altezza di ponte Umberto I, davanti il palazzo di Giustizia. A mo’ di pendolo si è dondolato a scandire il tempo che passa. Che ormai è finito, perché se nessuno interverrà per noi non ci sarà futuro. Ma il silenzio non è ancora rotto. Neanche dopo 8 ore di occupazione di via Del Corso.

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Io sono tra coloro che qualcuno ha definito fortunata perché ancora ho una commessa su cui lavorare… ed è veramente difficile ormai alzarsi la mattina motivati per andare a lavorare. Soprattutto se penso che “forse un giorno” mi pagheranno perché altri sono stati sacrificati e mandati in CIGS.
E allora devo essere la prima a scioperare. E mi arrabbio quando i miei colleghi mi chiedono: “Ma tu cosa metti oggi come giustificativo: sciopero o ferie?”. Ancora… non sono bastati tutti questi mesi di lotta, di privazioni, di sacrifici, di umiliazioni. Ci facciamo ancora vessare dai “capi” di turno. Che spesso hanno paura della loro stessa ombra.

Ieri ho partecipato allo sciopero della CGIL. Abbiamo aperto il corteo di Roma noi della Agile ex Eutelia. Tra quelli che lavorano eravamo solo in tre. Gli altri tutti sospesi.
Dopo la manifestazione sono tornata al lavoro. La persona per cui sviluppo software mi ha sempre dimostrato  la sua stima e soprattutto in questo momento ci ha portato spesso come esempio. Ma ieri mi ha colpito molto quando mi ha detto che si sente molto in imbarazzo a chiedermi di sviluppare cose nuove non sapendo se per me ci sarà un futuro nella mia azienda. Si sente di approfittare della situazione.
Qualcuno si sente in colpa, ma come sempre non sono le persone giuste.

Economie carnevalesche

È arrivato carnevale… ed è pure quasi finito. Quest’anno mi ha detto proprio bene. Edoardo ha deciso che voleva mascherarsi ancora da cavaliere. Così tanto per non farlo vestire identico allo scorso anno gli ho sferruzzato una gorgiera di maglia come usavano i cavalieri medioevali.

Eccolo quindi  il vero cavaliere della tavola rotonda mentre brandisce un tramezzino e non si cura del suo aspetto.

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Progetti futuri

In macchina quando torniamo da scuola spesso Edo viene intervistato sulla sua giornata. Ma spesso più che rispondere parte con elucubrazioni a voce alta.

«quando sarò grande prenderò le formichine in mano e mi farò pizzicare le dita »

… e fin qui imitazione del Procione che gli mostra spesso come fare.

«quando sarò grandissimo e papà diventerà piccolo lo farò andare in alto in alto» (cioè a cavalcioni sulle spalle)

… ricorda un po’ l’immagine di Enea che fuggendo da Troia porta con sé il padre Anchise sulle spalle

«quando sarò grande porterò te mamma e papà in braccio.»

Semplicemente meravigliosa!