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Lacrime e sangue

Domenica sera, pronto soccorso. Mi fanno entrare accompagnata da una guardia giurata. Percorro un corridoio e in fondo una barella… a fianco un papà con il collare rigido.
Non si vede chi c’è sulla barella. Le lacrime pronte, un groppo alla gola.

Federico mi guarda e con la mano mi fa cenno di stare calma. Poi il visetto, deformato dai lividi. E gli occhioni pronti a piangere. Ma ha promesso al papà di farmi coraggio. Lo abbraccio e lui mi fa le coccole.

Edoardo e Federico hanno avuto (il 16 gennaio) un incidente sull’autobus.
Una brusca inchiodata li ha fatti volare in aria. E la caduta è stata dolorosa.

Ma fortunamente niente di rotto.

La felicità è…

… correre in una pozzanghera!

Ieri, giorno di pioggia torrenziale, ho deciso di portare Edo a fare un giro all’Agrario, dove mamma coltiva insieme ai suoi compagni di sventura sogni di agricoltura.

Ci siamo armati di galosce: con gli occhietti per lui, classiche da contadino per me.

Le mucche e i cavalli, suoi amici animali, hanno avuto sicuramente un peso nella passeggiata… ma vuoi mettere le pozzanghere con il fango!


Compleanno all’EutOrto

Chi lo avrebbe mai detto che appena messo piede sulla “nostra” terra avrei deciso immediatamente di festeggiare lì il mio compleanno. Una decisione dettata sicuramente dalla meravigliosa location ma soprattutto dal piacere di stare con i miei compagni contadini che non sono certo da meno.

Il 6 di settembre infatti è nato l’EutOrto la nuova avventura di alcuni lavoratori Agile ex Eutelia che hanno deciso di riparare ai torti subiti facendo nascere qualcosa di buono. In 20 tra cassaintegrati e ancora in servizio ci si incontra (secondo le logistiche personali, ndr) e si lavora fianco a fianco in pieno spirito comunicatario. Abbiamo 2000 mq da coltivare e un uliveto in mezzadria. Un regolamento da rispettare e tante proposte da sviluppare.
Dove? All’Istituto Agrario di Roma in via Ardeatina un paradiso in città.

E’ un progetto che amo molto, e mi dispiace non poter essere più assidua come gli altri contadini perché ancora (per fortuna) in servizio. Ma ogni momento libero è per l’Orto.

Di seguito le immagini di alcune mie produzioni dolciarie e il momento dello “scarta la carta”.

Le Déjeuner sur l’herbe

Erano anni che non passavo il Primo Maggio fuori porta e quest’anno come non farlo con i miei colleghi. Così tutti sotto la sede Eutelia di Arezzo per simboleggiare che il lavoro ce lo hanno tolto e noi non smetteremo di ricordarglielo.

Tra i racconti della manifestazione del giorno prima e qualche boutades abbiamo trascorso una bella giornata, come sappiamo fare da quando è iniziato questo incubo. Perché, come mi piace ricordare a chi non ha retto allo sconforto e si è isolato, stare insieme e condividere è un grandioso antidepressivo.

Il 30 la città è stata solidale e generosa e i colleghi non si sono certo risparmiati. Il 1° è stato il giusto risarcimento per lo stress da manifestazione.
E io dalla mia ci ho messo le coccole dolci: una scatola di muffin alle fragole e al cioccolato che non è durata più di 5 minuti…

.. tanto graditi anche da Edo che non me ne ha dato neanche un pezzetto.

Giustizia è fatta!

Giro l’angolo di via Lepanto quello su via delle Milizie. Il marciapiede è pieno di colleghi, in visibile ansia. I toni sono bassi, di quelli che attendono. Poi il boato.

Vedo correre da dietro la camionetta dei Carabinieri, Michele e Vittorio che urlano: “Amministrazione straordinaria”. Un attimo di incredulità. Poi ci lanciamo tutti in un abbraccio collettivo. Le lacrime scendono copiose.

Ho ancora i brividi mentre lo scrivo.

La notizia sui giornali è già decotta, l’emozione no.

Diario della settimana

Martedì 6 aprile: qualcosa è cambiato. Stamattina una strana emozione. Dovrebbe essere una mattina come tante. Ma non lo è.
Vado a lavorare (sempre senza un obiettivo) ma stavolta mi manca qualcos’altro. La sensazione di cadere nel vuoto di questi ultimi mesi ora è … senza paracadute. Il 2 aprile si è rotto. Il presidio in qualche modo dava una sensazione di sicurezza. Potevo andare a parlare con i miei amici e colleghi. Quelli con cui condivido le stesse emozioni.
Ora devo stare in stanza con chi non sono sicuro mi capisca realmente. Perché ha smesso di lottare (o di reagire) da tre mesi.
“Vorrei che fosse già domani” mi ha detto il Procione.

Mercoledì 7 aprile: sciopero e presidio davanti al tribunale fallimentare di Roma. Siamo in attesa della sentenza: noi vogliamo l’amministrazione straordinaria, l’azienda ha presentato il concordato. Alle 12 ci dicono che uno dei giudici sta male e non ci sarà consiglio e tanto meno sentenza. Tutti a casa con la coda tra le gambe e il paracadute  sempre più rotto. A domani.

Giovedì 8 aprile: Esco dal lavoro fiduciosa. Speranzosa. Vado a mangiare qualcosa con gli altri manifestanti e insieme aspettiamo la sentenza. Mentre mangiamo arriva la notizia: i giudici hanno deciso di dare altro tempo all’azienda per presentare i documenti mancanti. Sembra un po’ il decreto salva-liste. E la caduta è vertiginosa.
E’ da giorni che penso alla famosa citazione dal film L’odio:

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio.

Venerdì 9 aprile: al lavoro mi scontro con gli ignavi che mi deridono per il mio accanimento nella lotta, e mi danno pure lezioni di vita. Uno mi dice: “Tu non sai. Ci sono persone che stanno male, che piangono a casa. Non si può giudicare”. Beh certo detto a me che:  che vado a lavorare senza soldi, mi faccio il maggior numero di presidi e scioperi, cerco di mandare avanti la mia famiglia, la mia vita. E mi becco i calci sotto la sedia per farmi stare zitta dal Procione. “Non ti curar di loro” è il suo motto.

Sabato 10 aprile: Sono andata ad un dibattito su/tra lavoratori (ex) Eutelia e Ispra . Si parlava anche della situazione dei nuovi schiavi a Nardò, in Puglia. Un dibattito alla parliamoci addosso, nel senso che purtroppo ce lo diciamo tra noi… ma la gente “comune” pare non accorgersi di cosa succede veramente in Italia.
Avevo trascorso praticamente tutto il giorno al negozio dei negozi come Edo ama chiamare il centro commerciale. E dopo una giornata immersi nel consumismo (anche se noi andiamo mirati sulle necessità vista la scarsissima liquidità del periodo), avrei voluto che tutti quegli zombi (perché come insegnano i film orror agli zombi piacciono i centri commerciali, ndr) fossero presenti.

Il mio umore se già non particolarmente alle stelle subisce le parole dei relatori. E le lacrime non si fanno attendere.

C’è qualcosa di sacro nelle lacrime. Non sono il segno della debolezza ma del potere. Sono i messaggeri di un dolore schiacciante e di un amore indicibile. [Washington Irving].

Elaborare il lutto

Questa mattina è stato l’ultimo giorno di terapia foniatrica, intrapresa a fronte di numerose “perdite di voce”. Mezzora, due giorni a settimana dedicata a me stessa. Respirare, rilassarsi, e staccare col mondo. Ebbene questo non è stato mai possibile. Con questa situazione mentale (e fisica) che dura ormai da quasi 9 mesi non sono mai riuscita a lasciare tutto fuori.
Così ho detto basta. Non senza dolore.

Stasera cena al presidio per salutare Ciccio che va via. Torna nella sua terra perché qui non ha più un lavoro. E’ sospeso. Forse in attesa di Cassa integrazione (forse perché le lettere non sono ancora arrivate, ndr).
C’era gioia in quel banchetto ma poi è finito il cibo. Il vino. E allora gli sguardi sono cambiati.

Da qualcuno è arrivata la proposta tanto “attesa” e tanto “scongiurata”: lasciare il presidio. Un colpo allo stomaco. Anche se io l’ho lasciato in modo assiduo ormai da un po’, mi rendo conto che è ancora un punto di riferimento.
Qualcuno ha detto “abbiamo perso”. Vi assicuro che abbiamo lottato come leoni, contro tutto e tutti. Una forza più grande di noi era il nostro avversario: la disonestà.
Abbiamo sbagliato sicuramente in qualcosa. Abbiamo dato fiducia e ci hanno ripagato togliendoci la dignità.
Abbiamo perso. Oppure non abbiamo vinto dice il saggio.
Ma abbiamo lottato. Chi non lo ha fatto, non lo ha mai fatto, e quel 28 di ottobre ha solo criticato e ora è in sospensione, come si sentirà. Io non c’ero quando quella mattina si è deciso di occupare. L’emozione, mi hanno detto, è stata fortissima.
Quando una mattina gli ultimi si chiuderanno la porta dietro  di loro vorrei esserci.

Ma sarà dura elaborare il lutto.

Lavoro. A che punto siamo?

In questo momento abbiamo a vegliare sull’azienda i custodi che il 17 febbraio hanno visto mettere in discussione il loro lavoro di analisi per permettere al tribunale di decidere sul concordato preventivo presentato dall’azienda. Decisione, questa, che ci ha lasciato senza parole perché rimandata al 31 marzo.
Quel giorno (il 17 ndr) ci siamo guardati e abbiamo detto che altri 40 giorni sarebbero stati impossibili da trascorrere. Ne avevamo già 120 di occupazione alle spalle. E ancora senza stipendio da 5 mesi. Anche se in verità  ‘sti bravi custodi sono riusciti a pagarci perfino il 65% dello stipendio di ottobre qualche giorno fa. Perfino!

Certo non è che i soldi li possano fabbricare è ovvio. Senza quasi più commesse, e qualche cliente invece che fa finta di niente e non paga. Allora per risolvere la situazione hanno deciso di “sospendere” in attesa di giudizio (Cassa integrazione, ndr)  più di 1000 colleghi. Così oltre al danno di tutti questi mesi pure la beffa della lettera di sospensione!

Dopo una settimana di depressione cosmica per tutti, qualcuno ha ricordato il fuoco sacro che ha guidato le prime attività di lotta. Così si è iniziato a creare eventi spontanei per cercare di bucare di nuovo il silenzio intorno a noi. Un gran silenzio infatti ci ha coperto, fuori e dentro il presidio. Ogni occasione è stata buona per portare la nostra testimonianza.
Abbiamo trascorso un intero giorno girando per i punti nevralgici del potere, dal Quirinale a Palazzo Grazioli passando per  Montecitorio. Con ognuno una lettera al collo, abbaiamo costruito una frase simbolo.

Qualche giorno fa un collega si è calato da un muraglione sul Tevere all’altezza di ponte Umberto I, davanti il palazzo di Giustizia. A mo’ di pendolo si è dondolato a scandire il tempo che passa. Che ormai è finito, perché se nessuno interverrà per noi non ci sarà futuro. Ma il silenzio non è ancora rotto. Neanche dopo 8 ore di occupazione di via Del Corso.

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Io sono tra coloro che qualcuno ha definito fortunata perché ancora ho una commessa su cui lavorare… ed è veramente difficile ormai alzarsi la mattina motivati per andare a lavorare. Soprattutto se penso che “forse un giorno” mi pagheranno perché altri sono stati sacrificati e mandati in CIGS.
E allora devo essere la prima a scioperare. E mi arrabbio quando i miei colleghi mi chiedono: “Ma tu cosa metti oggi come giustificativo: sciopero o ferie?”. Ancora… non sono bastati tutti questi mesi di lotta, di privazioni, di sacrifici, di umiliazioni. Ci facciamo ancora vessare dai “capi” di turno. Che spesso hanno paura della loro stessa ombra.

Ieri ho partecipato allo sciopero della CGIL. Abbiamo aperto il corteo di Roma noi della Agile ex Eutelia. Tra quelli che lavorano eravamo solo in tre. Gli altri tutti sospesi.
Dopo la manifestazione sono tornata al lavoro. La persona per cui sviluppo software mi ha sempre dimostrato  la sua stima e soprattutto in questo momento ci ha portato spesso come esempio. Ma ieri mi ha colpito molto quando mi ha detto che si sente molto in imbarazzo a chiedermi di sviluppare cose nuove non sapendo se per me ci sarà un futuro nella mia azienda. Si sente di approfittare della situazione.
Qualcuno si sente in colpa, ma come sempre non sono le persone giuste.

Mi fa bene fare la suffragetta

Ci guardiamo con G. esterrefatte. “Ma siamo tanto anacronistiche?” ci chiediamo. Perché quando parli di diritti, di lavoro, di dignità la gente ti guarda come se fossi un alieno?
Un collega ci aveva appena detto che con l’ideologia non si mangia… ma lui però va a mangiare al presidio tutti i giorni…
Oggi poi qualcuno mi ha detto che tanto lo Statuto dei lavoratori è stato calpestato quindi cosa serve lottare… a me sembra proprio il contrario… ricordiamoci che esiste. E anche che la costituzione cita all’art. 1:

«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»

e all’art. 4:

«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.»

Ricordiamocelo quando si intraprendono battaglie faticose e dolorose.
Noi abbiamo e stiamo continuando a lottare con fatica per i nostri diritti ma spesso ci troviamo uno contro l’altro.
Certo è un’utopia pensare che tutti i lavoratori di una azienda messi davanti ad uno stesso tragico destino reagiscano nello stesso modo. Così ti trovi a scontrarti con chi pensa solo al suo cartellino orario. Alla sua dannata timbratura.

Oppure alzi gli occhi e guardi la tua collega che vorrebbe partecipare alla manifestazione, o all’assemblea, ma deve andare a riprendere il figlio a scuola e ha un marito che non la supporta, che non gradisce, che deve lavorare … e poi lui è un uomo e si sa che i figli sono delle madri. E allora pensi a tutte quelle donne che hanno lottato per ottenere il suffragio e per i pari diritti.

“Fare la suffragetta” mi ha dato la possibilità di scavare dentro di me e riscoprire che c’era tanta forza da poter andare avanti per mesi sapendo che avrei avuto ragione di questa situazione. Di incontrare e apprezzare altre donne, a volte fragili ma forti e resistenti. E di apprezzare la mia famiglia, il mio Procione, il mio cucciolo e sapere che sono fortunata ad averli così disponibili, presenti, attenti. E tutto questo tiene vivi e fa anche ringiovanire.

Tanto Natale!

Un Natale veramente particolare quello di quest’anno. Nel bene e nel male.
Abbiamo iniziato a festeggiarlo domenica 20 dicembre con la grande festa in “azienda” per i bimbi. Grandissimo successo ed emozione grazie anche alla generosità della Provincia di Roma che ci ha donato buoni per acquistare i regali ai nostri figli: una montagna di regali portati da Babbo Natale in persona e dai suoi aiutanti elfi.

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Poi il 24 tutti e tre al presidio per trascorrere la vigilia di Natale con i colleghi. Edoardo eccitatissimo  all’idea di fare campeggio nell’ufficio di mamma e papà.

Come posso esprimere quello che ho provato senza ferire nessuno? Impossibile! Ma ammettiamolo le feste di Natale sono spesso motivo di tensione. Vengo da te, vieni da me… ebbene quest’anno ho potuto scegliere di trascorrerlo come volevo. Devo ammettere che non mi sono fatta molti scrupoli a lasciare qualcuno “senza di noi”. Magari gli siamo mancati, ma ci sono tanti momenti per stare insieme. Soprattutto se il Natale si manifesta solo sotto forma di “grande abboffata”. Ebbene quest’anno l’ho trascorso proprio in solidarietà verso me stessa, la mia famiglia, i miei colleghi, tra le persone che “la stanno vivendo” (l’occupazione, la crisi, ecc.) evitando anche l’imbarazzo di molti di fronte al racconto della nostra storia.

E così abbiamo preparato la cena tutti insieme, ridendo sulle nostre prodezze culinarie, tra un carciofo fritto “al volo” e un “butto la pasta?” ripetuto per circa un’ora visto che abbiamo finito di friggere alle 22.30.

Edo si è comportato da vero viveur tirando fino all’una con il suo nuovo magnifico libro dei dinosauri a tenergli compagnia!

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Si sono accettate scommesse sul suo risveglio. Tutti a dirmi che sicuramente avrebbe fatto tardi e invece …. alle 5.40 eccolo arzillo e pronto ad esplorare. Per me solo due ore di riposo. Meno male che a tenermi compagnia c’era Gloria, altra collega mattiniera.
Poi l’arrivo delle troupe Rai per il servizio sul Natale nelle aziende occupate che ci ha sorpresi assonnati e ancora in pigiama a riordinare.

Ma quello che ha reso il Natale più bello è il regalo che ci ha fatto il tribunale con la sentenza del 23 in risposta alla nostra richiesta di insolvenza: ha messo sotto sequestro l’azienda e sono stati nominati 3 custodi giudiziali. Finalmente una buona notizia. Nel bene e nel male appunto.

Buone Feste a tutti!